- Lingua. Partiamo dallo scontatissimo, ma è (o almeno può essere) un problema. Siete pronti a scoprire quanto realmente sapete la lingua del Paese in cui state andando? Il problema non sono le chiacchiere al bar con la signora di ottant'anni che, sebbene sembrino suoni inarticolati e siano difficili da capire, non hanno molta importanza. Mi riferisco a tutte le situazioni in cui la lingua vi servirà davvero, per parlare magari di cose specifiche, quando dire "quello, lì, questa" non è abbastanza. Un esempio potrebbero essere i vari uffici amministrativi o pubblici (come si dice bonifico? ricevuta?) oppure gli ospedali in cui, fidatevi!, il lessico specialistico serve eccome.
- Differenze culturali. Un altro Paese è sempre un altro paese e le differenze culturali diventeranno all'ordine del giorno (e magari riuscirete anche a trarne qualche bella storia per i sopracitati nipotini). Al primo momento di shock, si passa poi all'apprezzamento estatico e infine si sbarca nell'insofferenza. Quelle differenze che tanto vi avevano affascinato inizialmente ora non vi piacciono più così tanto e iniziate a non sopportarle, preferendo le care vecchie abitudini di casa (che, sicuramente, sono il modo giusto di fare le cose).
- Pregiudizi e stereotipi. Forse è scontato farlo presente, ma ci si imbatte anche in loro. Alcune volte ci si ride su, altre si cerca il dialogo costruttivo in cui si spiega come stanno realmente le cose, dopo un po' ci si stanca e basta. Personalmente, sorrido sempre quando la gente fa allusioni alla mia possibile natura mafiosa, forse perché non penso credano realmente a quello a cui alludono, ma faccio fatica a reggere le domande nate dalla pura ignoranza. Per chiunque all'estero, un italiano è un super religioso con un accento vagamente siciliano che mangia solo pasta, gesticolando peggio di un mimo, mentre corteggia/viene corteggiato senza sosta sotto un sole cocente anche a Dicembre. Munitevi di pazienza e autoironia.
- Distanza da casa. "Ma dai, casa non mi mancherà per niente, non vedo l'ora di andarmene da questo schifo di città." Questa la frase che ci siamo sentiti pronunciare più e più volte, ma attenzione. Partire per l'anno all'estero non vuol dire capitare a New York e fare balotta tutte le sere, è invece molto più probabile che finiate in un paese dimenticato da Dio circondato da campi di grano a perdita d'occhio. E quella casa che dicevate tanto di odiare, invece, vi mancherà. Vi mancheranno le vostre strade preferite, le abitudini della vostra famiglia, anche la scuola. Non perchè vi stiate trovando male nel posto in cui andrete, ma perchè dopo una vita non potete più agire in automatico, ma dovete prestare attenzione a come fate le cose/a cosa fate ancora una volta. E scoprirete che il mondo è grande e bellissimo, ma non c'è niente come casa-casa, anche in se è uno "schifo di città".
- Solitudine. E ad essere soli, siete pronti? Sarete circondati dalla vostra famiglia ospitante e dai vostri nuovi amici, ma sarà così diverso. Non ci saranno i vostri genitori con voi nè nessuna delle altre figure su cui eravate soliti fare affidamento. Sarete soli con voi stessi per molto più tempo di prima, sarete soli quando dovrete prendere alcune decisioni, sarete soli, un giorno ve ne accorgerete e avrà un sapore dolce-amaro. Sarete soli per la prima volta nella vostra vita e non sarà facile, ma una volta sperimentata la libertà, chi vuole tornare indietro? Sarete soli per la prima volta della vostra vita. Siete pronti?
- Cibo. Scritto da qualcuno che è andato in Inghilterra, questo punto potrebbe diventare un libro, ma cercherò di stringere, promesso. Prima di partire non avevo dato troppo peso al cambio di alimentazione e abitudini alimentari, ritenendole secondarie, ma non avete idea di quanto mi sia sbagliata! Prima di partire si è focalizzati solo sulle cose fantastiche che potranno succederci una volta messi i piedi a destinazione, ma una cosa quasi banale come il cibo gioca un ruolo fondamentale in innumerevoli fattori. Primo, abbiamo la sfortuna di essere nati nel Paese in cui si mangia meglio del mondo, quindi essere soddisfatti da qualche altra parte come dopo un pranzo dalla nonna sarà difficile. Secondo, il cibo per noi è una specie di culto e non solo un metodo di sostentamento. Intorno alla tavola ci si ritrova con la famiglia o gli amici, si discute, si vive insomma, non si mangia solamente e questa è una cosa che manca a tanti altri Paesi e che finirà per mancare anche a voi, che vedrete uno dei pilastri della vostra cultura essere ridotto a quasi niente. Terzo, il cibo è parte della cultura anche nel Paese in cui andrete, solo che in maniera e in forme diverse. Quando partite, quindi, dovrete essere pronti a smettere di bere il classico espresso al bar e provare il chai latte, per dire, e questo può essere difficile. Dovrete sperimentare i cibi (per quanto sospetti) della cultura in cui vivrete e smettere di cercare le lasagne per pranzo, se no che siete partiti a fare?
- Limbo. E infine il limbo, come se tutto l'anno all'estero non fosse già difficile di per sè. Per limbo intendo quella situazione psicologica una volta rientrati a casa. Si è felici di essere di nuovo insieme ai propri cari e di aver smesso di preoccuparsi di tutti i punti precedenti, ma allo stesso tempo si sente la mancanza di tutto quello a cui ci si era abituati nel Paese ospitante. Le persone, i momenti, gli edifici, le tradizioni che avete conosciuto ed imparato ad apprezzare vi tireranno sempre indietro, bloccandovi nel limbo, in cui non saprete da che parte voler andare e in cui probabilmente dovrete solo imparare a vivere. Perchè casa non sarà più casa al 100%.
Quindi ditemi, voi siete pronti?
"Don't take your life for granted;
You only get once chance
You only get on life"
xx
Giulia