lunedì 30 marzo 2015

#21 sono a casa se...

Premessa: sono tornata in Italia per un mesetto, così da poter fare l'operazione qui, riprendermi e tornare in Inghilterra pronta, sana, carica e finire il mio anno all'estero.


Quando può una persona definirsi "a casa"?
Che poi, a casa ti ci definisci tu o sono gli altri a farlo? Io sono a casa dove mi sento di esserlo o dove sono nata, dov'è la mia famiglia, dove si trova il letto in cui dormo di più?
O forse è una questione di qualità, magari casa è quella con i mobili migliori, i dintorni più belli, il clima sempre sereno e i cibi più buoni.

Io so di essere a casa quando il sole entra dai piccoli spazi tra le tapparelle, quando posso girare in bicicletta e andare quasi ovunque, dove le strade profumano di pane fresco alle sette e mezza di mattina. Sono a casa nel disordine dei giochi dei miei fratelli, dei miei vestiti sul divano, nei rimproveri dei miei genitori.
E sono a casa nella voce della gente che ha il mio stesso accento, la mia stessa risata e che muove le mani tanto quanto me.
Da quando sono davvero a casa (e intendo quel posto in cui ho la residenza, in cui mi faccio spedire le lettere e dove posso fare la pipì con la porta aperta), però, ho sempre più la sensazione di abitare anche altrove.
Lontano da questo splendido sole, dai tarallucci e dal mio caro, vecchio, odiato liceo.

Una parte di me è a casa nella pioggia fine e incessante, nel vento freddo, nel cielo grigio come il mare.
è una sensazione diversa ma simile, è una sensazione cercata, scovata, conquistata, non pretesa o vissuta per diritto.
è un sentirsi a casa perchè quel posto casa lo è dovuto diventare ed è finito per diventarci.
è casa anche se mi cambio ancora in bagno e non esco avvolta nell'asciugamano, se non mi concedo di addormentarmi sul divano e sarò sempre la riconoscenza di un ospite.

Tornando alla domanda iniziale, quindi, ancora non so cosa definisca "casa", ma so che è possibile sentircisi in più posti, covando la malinconia per uno quando si è nell'altro, ma allo stesso tempo riuscendo a sentirsi più liberi.
E un giorno chissà, magari riuscirò a sentirmi a casa nel mondo.

xx
Giulia.

mercoledì 18 marzo 2015

#20 ospedali Inglesi

Questa sera vi scrivo sulle note di "Are we the waiting" da Bullet in a Bible dei Green Day perché ho finalmente sistemato la mia camera e attaccato lo stereo che Alan, l'ex marito della mia host mum, mi ha prestato. Un giorno farò un post sulle relazioni nella mia famiglia ospitante, forse, e le cose saranno più chiare, ma per ora vi lascio questa gran confusione in testa che a me ha fatto compagnia per il primo mese vissuto qui.
Ma ora, penso che il momento sia arrivato. Vissuta, la settimana scorsa, la mia volta numero quattro (o cinque?) in ospedale, penso di essere sufficientemente informata per potervi dare un'idea di come funzioni qui in Inghilterra.
Si parla, quindi, di ciò che ho potuto notare io da Ottobre a questa parte e mi riferisco solamente al trattamento riservato al pronto soccorso (con una piccola digressione nella permanenza notturna), senza però entrare nello specifico nè trattando particolari malattie/cose strane poiché posso solo riferirvi quanto ho visto e vissuto.
Appena arrivati nel nostro ospedale-tipo, quindi, arranchiamo doloranti fino al banco della reception, dove un amministrativo prende i nostri dati (nome, età, indirizzo), ci trova sul server (quindi è meglio essere registrati ad un GP, ovvero un medico di base) e annota il nostro problema e se/quando abbiamo preso le ultime medicine.
Ci dice poi di accomodarci sulle sedie meno invitanti dell'universo e passa alla persona dietro di noi, mentre noi facciamo quanto ci viene detto e ci stringiamo fra estranei dalla pessima cera e bambini sempre troppo rumorosi.
Bene, ora aspettiamo e speriamo con ogni cellula del nostro corpo provato che non arrivi un ambulanza, che non ci sia un'emergenza, che non arrivi una donna a cui si sono rotte le acque nè tanto meno un operaio a cui mancano tre dita. Fissiamo intensamente la porta da cui il nostro nome verrà urlato (e storpiato) e intanto speriamo che qualcuno passi a distribuire antidolorifici allo stesso modo in cui le hostess sull'aereo offrono il caffè (paracetamolo? codeina?).
Poi, finalmente, ecco la voce angelica (molto spesso no, non illudetevi) che ci chiama e arriviamo al cospetto di una coppia di infermieri (o a volte un'infermiera e un medico) che ci fanno domande sulla nostra condizione, ci misurano la pressione e la temperatura e -Dio li benedica- cacciano fuori gli antidolorifici (una volta ho vinto direttamente la morfina, ma probabilmente è stata tutta fortuna).
Da qui si ritorna in sala d'aspetto fino a quando un'altra infermiera non ci chiama e ci preleva il sangue e poi torniamo ad aspettare, questa volta in una delle sezioni più interne dell'ospedale, nella speranza di un medico.
Questi finalmente arriva, ci visita e da qui le nostre strade si dividono, poichè ognuno viene smistato nel reparto più consono.
I reparti sono quasi sempre tutti maschili o tutti femminili e sono composti sia da camere singole/doppie che da stanze più ampie in cui di letti ce ne stanno cinque/sei.
I pasti vengono serviti a letto come in Italia e c'è anche abbastanza scelta, mentre per quanto riguarda la qualità, beh, non è poi tanto peggio dello standard medio inglese.
Una volta segnati come sani e ottenuto il permesso di andare a casa, possiamo infine uscire dalla porta principale sorridendo alle infermiere zuccherose e sperando forte di non ritornare lì dentro mai più.

"And I’m holding on for dear life, won’t look down won’t open my eyes
Keep my glass full until morning light, ’cause I’m just holding on for tonight"

xx
Giulia

venerdì 13 marzo 2015

#19 non sono sparita!

Eccomi, non sono sparita!
Sono stata piuttosto travolta dagli eventi, ma sono qui. Finalmente.
Quindi, cosa è successo in tutto questo tempo? Sinceramente non mi ricordo, tante cose, molte delle quali normali, banali.
Sono andata a scuola, ho riso tanto, guardato gente entrare e uscire da casa per allenarsi con Josh, mangiato in maniera insipida... insomma, la solita vita.
però ho compiuto 18 anni (yeeee).
ebbene sì, ora sono un'adulta! ci si sente come sempre, ma è più emozionante degli altri compleanni perché si sa che è la fine di un'era e l'inizio di un'altra. e poi dai, finalmente posso prendere la patente! ahah
non ho fatto una festa, ovviamente, ma ho passato il giorno del mio compleanno a Londra (il che è meglio di qualsiasi festa) con la mia famiglia.
Già.
Io sapevo mia mamma dovesse venire perché lei me lo aveva detto, ma quando il 28 febbraio ho aperto la porta, insieme a lei c'era anche mio fratello e lei mi ha detto, con un sorriso enorme, che in macchina c'erano anche gli altri (ovvero suo marito e le mie due sorelle).
ora è già parecchio che leggete questo blog, quindi cosa pensate che io abbia fatto?
ho ovviamente iniziato a piangere come una fontana.
è stato bellissimo rivederli tutti dopo così tanto tempo, vedere quanto sono cresciute le bambine, abbracciare di nuovo mio fratello, sentire l'emozione di essere in famiglia -nella mia- ancora una volta.
E.S.
girls

tutto l'amore del mondo

avevamo una specie di casetta in un campeggio, un bagno e tre camere da letto, a Deal e un van a otto posti tutto per noi.
il primo giorno non abbiamo fatto nulla, siamo andati a fare la spesa e ci siamo sistemati, essenzialmente, mentre il secondo giorno, domenica, siamo andati a Dover per vedere le scogliere.
erano davvero belle e meritano sicuramente una visita, anche se pagare 3.50 sterline e poi non trovare nemmeno un sentieri no curato non è stato il massimo. per quanto riguarda la vista, comunque, fenomenale.

volevamo poi andare anche il castello, ma 50 sterline per il biglietto famiglia non li volevamo spendere, quindi abbiamo mangiato in un pessimo ristorante e visitato il paese, molto carino.
Lunedì sono andata a scuola alla mattina e dopo tre ore e due verifiche ho ritrovato gli altri, con cui siamo andati a Canterbury. Prima di arrivare, però, ci siamo fermati per un paio di orette in una specie di zoo che era sulla strada, dove mio fratello si è divertito un mondo.
 

martedì, infine, siamo appunto andati a Londra ed è stato davvero bellissimo, il giorno migliore di tutti. Londra è sempre magica, coinvolgente, accattivante e nuova, incredibile e diversa ogni volta che ci torno. Non credo me ne stancherò mai.
Mercoledì poi tutta la banda ha ripreso l'aereo e sono andati via e io sono ritornata alla mia routine inglese, alle mie amiche, al Cupcake cafè il sabato pomeriggio (da cui oggi sono appena tornata).
voi come state? vi ringrazio tanto per il supporto e i messaggi sui vari social network e per tutte le visualizzazioni del blog!
un bacio,
xx
Giulia.