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domenica 25 gennaio 2015

#15 Cinderella abroad

Stasera stavo mettendo in ordine camera mia (avvenimento epico che verrà ricordato dai posteri), quando mi è venuto in mente che secoli fa qualcuno mi aveva chiesto qualcosa a questo proposito. Così sono andata su ask a controllare, ed ecco qui in super ritardo il post che mi era stato richiesto.
In casa non ho compiti precisi, ma cerco di dare una mano dove e quando posso.
Se sono da sola, lavo i piatti dopo aver mangiato e, nel caso ce ne siano altri, lavo anche quelli. Nel caso siamo insieme, invece, dipende: il più delle volte faccio la mossa, ma Alison mi dice sempre di no, che farà lei, che non le pesa. Ma almeno io mi offro.
È tutta una questione di equilibri. Abitudini che vanno cercate, costruite, ricordate.
All'inizio c'è chi si sbilancia, chi sotto la pressione di una nuova famiglia si trasforma in una donna delle pulizie. Non dovete farvi trovare a spazzolare le piastrelle con lo spazzolino per farvi accettare, bisogna solo trovare nuovi compiti da svolgere in nuovi ritmi.
La mia camera, continuando, è totalmente sotto il mio controllo - ahah.
Sta a me sistemarla, pulirla, blablabla. E lo faccio, giuro... Solo un po' meno del dovuto. Sono il tipo di persona che sistema per due ore, poi accumula roba per due settimane, poi sistema di nuovo, ecc...
Credo comunque che tenerla in uno stato quanto meno decente sia sempre un segno di rispetto. Queste persone mi stanno offrendo una delle loro stanze, i loro mobili, le loro coperte, perfino le loro decorazioni inutili (sul davanzale ho un carinissimo fiore finto dentro una bottiglia di vetro!), quindi tenere piuttosto pulito e sistemato mi sembra un atto di rispetto.


Per quanto riguarda il lavaggio dei vestiti, invece, sono viziata.
Io devo solo dividerli in bianchi e colorati e ogni tanto Alison mi chiede se ho qualcosa da lavare, io glielo do e mi ritorna pulito, profumato e asciugato.
L'unica cosa è che lei non stira, quindi teoricamente dovrei farlo io, se volessi.
La verità è che sono troppo pigra, ma anche che di camicie ne ho solo un paio che non uso spesso, mentre per il resto le cose sono inspiegabilmente quasi perfette, quindi non ce n'è bisogno.
Questo è tutto, direi.
Torno al calduccio sul divano a guardare l'ultimo episodio di Walking the Nile.
Domani rivedo mio papà e non mi sembra vero.
Se vado a dormire prima, domani arriva prima?
xx
G.

giovedì 18 dicembre 2014

#11 di nostalgia, piedi freddi e tenacia

Mi è stato chiesto di scrivere un post sulle cose negative dell'anno all'estero e io non so da dove cominciare. Non perché ci siano solo cose positive, i momenti o le situazioni difficili ci sono, ma perché non voglio che questo post induca qualcuno a ripensare sulla propria scelta di partire.
L'anno all'estero è la migliore cosa che io abbia mai fatto, la migliore in assoluto, ma non è come bere un bicchier d'acqua. A volte è dura, altre volte molto dura, raramente è una passeggiata, ma rimane un'esperienza grandiosa.
Riformulerei quindi la domanda, perché quest'esperienza non ha lati negativi, ma difficili.
La cosa più immediata è la lingua. Parlare e capire un'altra lingua 24/7 è stancante e ci sono situazioni (scuola, negozi, telefonate) in cui in teoria bisognerebbe capire tutto al volo, ma in pratica si finisce con il ripetere "Sorry?" quindici volte al minuto.
Il più delle volte, poi, la gente dice di capire quello che tu stai cercando di dire, ma tu sai, sai che non hanno afferrato veramente il concetto, la sfumatura che stai cercando di esprimere. E quindi si finisce per arrendersi e dire che sì, esatto, è proprio quello che intendevi.
Poi c'è la nostalgia, che arriva nei momenti più impensabili, la malinconia richiamata dalle azioni dei passanti, le canzoni alla radio, le cose più semplici. Ci sono volte in cui divento nostalgica giusto perchè mi annoio, figuratevi.
E la nostalgia, sia chiaro, non è che se ne vada mai. Non sempre è forte, il più delle volte se ne sta rintanata in un angolino, è giusto un fastidio, quasi impercettibile. È giusto un sorriso meno autentico, lo sguardo un po' più velato, un silenzio inaspettato.
Bisogna abituarsi a lei, addomesticarla, quasi. Paradossalmente, bisogna imparare a sentirsi a casa nella nostalgia di casa.
E infine ci sono i giorni storti, quelli in cui magari mi sveglio con i piedi freddi, o quando ho dormito male, o quando semplicemente non ne ho voglia.
Non ho voglia di adattarmi, farmi capire, mangiare male, mangiare diverso, parlare diverso. Non ho voglia di sorridere alla gente quando non capisco, né di sforzarmi di capire. Non ho voglia di sentire nostalgia, ma nemmeno di impegnarmi a non sentirla.
E questo è l'aspetto più difficile, a mio parere. Perchè prendersela con le differenze culturali è un conto, ma dover fare i conti con se stessi quando proprio non se ne ha voglia è davvero dura.
Ma si resiste, i momenti difficili si superano, e, ve lo garantisco, ci sono tanti, tanti motivi per essere felici.
xx
Giulia.